Adolfo Parrillo è un’istituzione nell’ambito della pallacanestro campana. Prima da giocatore, fino al ritiro del 2002, poi in panchina, ruolo assunto in realtà già ben prima, come vedremo nel corso dell’intervista. La redazione di Tuttobasket.net ha avuto il vero piacere di fare una bella chiacchierata con l’attuale coach, nonché responsabile del settore giovanile, della Virtus Arechi Salerno.

Cominciamo Adolfo, come hai passato la quarantena? E come vi siete mossi a livello di squadra?

Nel periodo di quarantena, soprattutto la fase più rigida, siamo stati completamente fermi. Dal punto di vista personale, sono stato con la mia famiglia; avendo la fortuna di avere una casa abbastanza grande, con anche una piccola palestra, mi sono tenuto impegnato dal punto di vista fisico. Così siamo riusciti ad ingannare il tempo, fortunatamente in buona salute. Per quanto riguarda la squadra, alla chiusura del campionato i ragazzi hanno raggiunto le rispettive famiglie, quindi si è bloccato tutto“.

Che stagione è stata per la Virtus Arechi Salerno?

Siamo sicuramente partiti benissimo; poi è seguito un momento di calo, che ha spinto la società a fare un avvicendamento in panchina, com’è noto. Sono arrivato io e abbiamo ottenuto un’importante vittoria sul campo di Valmontone, una delle squadre più in forma in quel momento; subito dopo però è arrivato il lockdown. Il mio lavoro, in pratica, è durato poco più di un mese. Il rammarico è tanto, poiché la squadra si era ritrovata e compattata, superando bene la fase del cambio dell’allenatore, il che non è mai scontato. Credo che avevamo raggiunto un buon livello di sintonia, sia dentro che fuori dal campo. Però tutto poi è stato vanificato dall’interruzione dei campionati.

Un vero peccato, ripeto, poiché dopo Valmontone il calendario presentava una serie di sfide nelle quali il fattore campo poteva essere determinante; sia Matera che Palestrina sarebbero dovute scendere a Salerno e covavamo la speranza di poter chiudere la regular season anche al primo posto. Queste comunque sono tutte chiacchiere, che avremmo dovuto confermare sul campo“.

Adolfo, la tua stagione 2019/20 è cominciata come capo del settore giovanile. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Allora, innanzitutto lo sono ancora. Abbiamo cominciato un progetto completamente nuovo, ristrutturando il settore giovanile. Chiaramente, come primo anno non è stato semplicissimo. A Salerno ci sono varie società e la Virtus Arechi non è arrivata sul territorio per fare concorrenza a queste ultime, bensì per allestire squadre giovanili un po’ perché ci è imposto dal regolamento e un po’ perché è nostra intenzione averne uno di livello, con una squadra così importante alle spalle. Non è stato facile, ma sono soddisfatto e direi che siamo riusciti a fare un buon lavoro, poiché quest’anno abbiamo addirittura avuto chiamate di ragazzi che vogliono venire a giocare con noi a Salerno.

Appena lo si potrà fare, ripartiremo con lo stesso entusiasmo e con un lavoro alle spalle che dovrebbe agevolarci un po’ di più. La nostra idea è quella di disputare tutti i campionati giovanili, con la nostra squadra di punta che, con tutta probabilità, sarà l’Under 18 d’Eccellenza, che vanta già un bel nucleo di giocatori dello scorso campionato, ai quali si aggiungeranno come detto coloro i quali verranno a giocare con noi“.

Che rapporto ti lega con questa società e, nello specifico, con il Patron Nello Renzullo e con il DS Pino Corvo? Non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano.

È una domanda posta in modo giusto, poiché con Nello mi sento legato da un grande rapporto di stima. Questo sarà il quarto anno che lavorerò con lui ed è anche una sorta di record, poiché con gli allenatori non ha sempre avuto rapporti idilliaci. Questo mi inorgoglisce ma, a parte tutto ciò, sono rimasto a Salerno proprio perché legato a Nello da un rapporto di affetto vero, sincero, grazie al quale continueremo nel percorso di crescita di questa società. A ciò aggiungiamo il fatto che la Virtus Arechi ha uno dei direttori sportivi migliori d’Italia, Pino Corvo che, oltre ad essere stato un giocatore di spicco del movimento campano, oggi è un dirigente di valore assoluto. Per me è un onore lavorare con un professionista del genere e in questo momento sono in contatto con lui per costruire il roster della prossima stagione, con un budget leggermente ridotto ma con ambizioni intatte.

Vogliamo fare un campionato importante, restare tra le prime della classe e divertirci tutto l’anno. Ripeto, sono fortunato nel poter lavorare con loro. Nello, oltre ad avere una grande passione per il basket, sono anni ormai che investe in questo mondo nonostante la congiuntura non certo positiva, e credo che dovremmo essergli tutti grati, sia qui a Salerno che a livello nazionale. Nello vive in modo viscerale la sua passione, soffre durante le partite e d’estate si mette lì, assieme al direttore sportivo e all’allenatore, per dare forma alla squadra per l’anno successivo, tirando fuori un bel po’ di sostanze. Ripeto, poi, di ritenermi fortunato di poter lavorare con Pino; lo considero un vanto, e sono certo che riuscirò ad avere anche con lui un grande rapporto, come visto quest’anno“.

Sei ottimista sulle prospettive future della Virtus Arechi Salerno?

Certo. Sono convinto che costruiremo una buona squadra, con la quale ci divertiremo. Con questo non voglio dire che avremo la migliore squadra del campionato, assolutamente. Mi tengo informato sui movimenti degli altri e ci sono diverse squadre che stanno investendo tanto e partiranno sicuramente con un passo avanti a noi. Penso a Sant’Antimo, a Taranto, a Nardò ed ad altre ancora. Non sappiamo ovviamente in che tipo di girone verremo inseriti, forse con delle siciliane… Ma a chi paventava un ridimensionamento generale, direi che almeno cinque o sei squadre hanno risposto con i fatti. Tornando a noi, penso che saremo comunque tra i protagonisti il prossimo anno; in che forma non lo so, ma credo che potremo ambire ad un posto importante ai Playoff. Su questo nutro pochi dubbi, conoscendo bene sia Nello che Pino e la qualità del loro lavoro“.

Riguardo invece il movimento inteso nel suo complesso? Anche e soprattutto guardando alle conseguenze immediate e prossime della pandemia.

Io sono ottimista di natura e sinceramente non condivido il pessimismo quasi estremo di tanti addetti ai lavori. La storia ci insegna che, dopo periodi di sofferenza profonda come le guerre, c’è sempre stata una fase di ripresa. Il COVID-19 di fatto è stata una guerra, per i morti, per quello che ha prodotto e bloccato; io sono abbastanza fiducioso su quella che potrà essere la ripresa. Chiaro poi che, per rendere effettivo questo ottimismo, c’è bisogno di risposte concrete da parte dello Stato, defiscalizzando l’impegno degli sponsor, immaginando qualche modifica a delle regole del basket, oppure un aiuto a presidenti come il mio che, come detto prima, investono tanto in questo mondo. 

Io sono sicuro che lo sport saprà ripartire e, probabilmente, lo farà anche meglio di prima, anche se c’è molto da fare. Leggo in questi giorni della grande difficoltà di molte realtà nell’entrare nelle palestre per quanto riguarda l’attività giovanile; e questo è un aspetto che va risolto nell’immediato, anche con l’impegno serio di chi di dovere, come CONI e federazioni. Una volta messo tutto in sicurezza, dobbiamo avere la libertà e la possibilità di ripartire. Detto ciò, è ovvio che tutto sia legato al virus. Se dovesse esserci una ricaduta, una nuova impennata nei casi, allora parleremmo del nulla. Speriamo in un vaccino, o che il caldo, come molti sostengono, andrà a diminuire grandemente la forza del virus, fino possibilmente a farlo sparire. Se questo avverrà, sono sicuro che lo sport saprà ripartire anche meglio di prima“.

Volgiamo adesso un sguardo alla tua carriera Adolfo. Potresti dirmi quali sono stati, secondo te, i migliori momenti che hai vissuto, sia da giocatore che da allenatore?

Allora, io vengo da un piccolo paese in provincia di Benevento (nato a Napoli ma vivo da sempre a Moiano, ndr), e ho cominciato a giocare a pallacanestro molto tardi, a 15 anni e mezzo con l’allora Juvecaserta. Ciò non mi ha però impedito di conseguire risultati importanti, grazie alla passione, alla voglia di sacrificarmi, alle parole di Franco Marcelletti, il quale mi diceva che, con tanto impegno, avrei recuperato il tempo perduto. E io sono tra quelli che ha sempre lavorato davvero sodo, tutti i giorni. Quando finivo i campionati, mi prendevo un paio di giorni di riposo, per poi passare tutta l’estate ad allenarmi e a buttare il sangue. Vero, non sono riuscito ad arrivare in Serie A; sinceramente però, i riconoscimenti che sono riuscito ad avere in carriera, anche giocando in campionati importanti come la Serie B, sono stati per me qualcosa di unico.

Non so dire di preciso qual è stato il mio momento migliore. Probabilmente la seconda parte della mia carriera, quella che considero un po’ più importante sia come risultati che come crescita dal punto di vista umano e professionale, facendo fruttare anche le esperienze negative che avevo affrontato in precedenza, sempre all’insegna dell’agonismo e della voglia, oltre ad un impegno a 360° nel basket, mettendo ad esempio al servizio dei miei compagni, soprattutto i più giovani, la mia esperienza. E ciò l’ho fatto anche una volta passato nel ruolo di allenatore. Per evitare ad altri ragazzi il dover cominciare a giocare tardi a pallacanestro, vivendo in realtà molto piccole, aprii un centro apposito prima a Moiano poi ad Airola già nel 1991; ero ancora un giovane giocatore, ma già allenavo.

Io giocavo a calcio dagli undici anni, per poi passare alla pallacanestro. Contrariamente a quel che pensano tanti, non iniziai poiché ero alto, anzi; a me la pallacanestro è sempre piaciuta tanto. Già da piccolo, con mio fratello, andavo a tirare a canestro in un campetto vicino casa; purtroppo, però, oltre a questo non c’era nulla. Tirando le somme, se mi chiedi qual è stato il mio miglior momento da allenatore, metto da parte quei successi che ho ottenuto in panchina e ti dico che i miei momenti top risalgono (e lo sono ancora oggi) a quando insegno ai ragazzi ad amare questo sport. È la cosa che mi gratifica di più. Quando vedo ragazzi, che casomai ho allenato vent’anni fa, che mi fermano per strada, mi salutano e mi ringraziano ogni volta per quello che sono riuscito a trasmettergli, per me è motivo di forte orgoglio“.

In altre interviste, recenti e non, ho notato che sei anche impegnato nel sociale. In cosa consiste?

Allora, mi definisco un amante della natura, in particolare di fiumi e torrenti. A Moiano abbiamo dei corsi d’acqua davvero belli e qualche tempo fa, assieme ad amici straordinari, abbiamo riscoperto e ripulito tutto un sentiero e parte di quei corsi d’acqua, invasi non dico da cosa. Abbiamo quindi creato un percorso molto bello, dove le persone potevano andare a fare una passeggiata in riva al torrente. Peccato che poi chi di dovere non abbia saputo sfruttare l’occasione e valorizzarlo.

Il sentiero, ad esempio, potrebbe essere allungato, portandolo in un altro territorio nel quale, con i dovuti interventi di messa in sicurezza, diverrebbe davvero qualcosa di unico. Tornando positivi, mai dire mai. Casomai altri riusciranno, forse altri volontari… È una bella pagina, che abbiamo scritto nel mio paese qualche anno fa“.

Si ringrazia per la cortesia e la disponibilità coach Adolfo Parrillo e la società Virtus Arechi Salerno.