La redazione di Tuttobasket.net ha avuto il piacere di rivolgere delle domande a Luciano Bongiorno, coach della IUL Basket Roma. Una realtà del basket della Capitale, in particolar modo a livello giovanile, protagonista di una grande annata in Serie C Gold Lazio. Infatti, dopo la salvezza dello scorso anno conquistata al Playout, i ragazzi di coach Bongiorno erano assolutamente in corsa per giocarsi i Playoff con il vantaggio del fattore campo, occupando la vetta assieme alla Stella Azzurra Viterbo.

 

Cominciamo coach, innanzitutto come sta e come ha affrontato il lockdown?

Personalmente ho cercato di dedicarmi un po’ di tempo, essendo stato oberato di impegni negli ultimi anni. Impegni soprattutto sportivi con una società come il Basket Roma, che ha appena cinque anni di età, e nella quale ci siamo buttati a capofitto, affrontando tutte le problematiche annesse e pur avendo una base solida come quella del minibasket con la Team Up. Tutto ciò ha portato via tantissimo tempo e mi ero anche alquanto trascurato. In una prima fase, dunque, sono rimasto a casa come tutti, operando da lì con le lezioni online, dato che lavoro nella scuola. Però, per chi come me è abituato ad essere sempre attivo e a stare sui campi, già dopo una settimana si rischia quasi di impazzire. Ragion per cui ho cominciato a fare attività fisica e a seguire un’alimentazione più equilibrata, riuscendo quindi ad andare oltre, mentalmente soprattutto. 

Inoltre, sono stato coinvolto in tanti gruppi di discussione tra allenatori, ad esempio grazie all’amico Francesco Dragonetto (allenatore settore giovanile maschile della FEBA Civitanova Marche, ndr), ritrovandoci a condividere idee, articoli sul basket e clinic vari. Ho passato molto tempo a leggere e a guardare il lavoro di altri colleghi, puntando sulla mia formazione personale. Sotto quest’aspetto, posso definirlo un momento positivo, nel quale si è fermato il mondo, è vero, ma si è attivato in modo diverso il nostro sistema nervoso“.

A livello di Basket Roma, quali sono le iniziative che avete intrapreso con i ragazzi durante lo stop?

Allora, i nostri preparatori atletici sono rimasti in contatto con loro, riuscendo a farli lavorare a casa dalle tre alle quattro volte a settimana, il tutto con l’intento di tenerli pronti nei limiti del possibile e con la speranza che si potesse ripartire. I ragazzi sono stati molto bravi nel seguirli e il nostro staff lo è stato altrettanto nell’organizzare questo tipo di lavoro. Intanto lunedì (25 maggio, ndr) abbiamo ricominciato, seguendo ovviamente regole molto rigide; il fatto che i ragazzi abbiano potuto riprendere la palla in mano, rimettere piede sul parquet e fare qualche tiro a canestro, oltre a rivedersi tra di loro, tra compagni di squadra, credo che in prospettiva sia positivo. Ed è stato anche emozionante“.

Di recente abbiamo raggiunto anche Umberto Fanciullo, coach della Stella Azzurra Viterbo, compagine con la quale condividevate il primato in classifica in C Gold Lazio. Parlando prettamente del punto di vista sportivo, Fanciullo ha espresso molto rammarico per la decisione di annullare la stagione. Come la pensa al riguardo?

Condivido il suo pensiero, per il fatto che eravamo con loro in testa alla classifica. Anzi, per specificare, avevamo un leggero vantaggio, avendo vinto il match d’andata in casa nostra (90-60 nella 12° di andata, ndr). Un altro aspetto da non sottovalutare sono gli investimenti, a tutti i livelli, che sono stati fatti per disputare una Serie C Gold come quella fatta da noi o appunto dalla Stella Azzurra Viterbo. Perdere sul campo lascia l’amaro in bocca, ma almeno te la sei giocata sul campo; veder sfumare tutto in questo modo ha tutto un altro sapore, è un colpo molto duro anche se non possiamo fare altro che prenderne atto. Detto ciò, massimo rispetto per chi ha preso la decisione di chiuderci in casa, visto che la situazione era drammatica.

Aggiungo che noi ne abbiamo sofferto anche riguardo il settore giovanile, essendo una società che lavora tanto in quell’ambito, cominciando ad avere molti ragazzi e ragazze nel giro delle Nazionali di categoria. Ad esempio, con la nostra U16 maschile eravamo pronti per la nostra prima esperienza nell’Interzona, frutto di un lungo lavoro. A livello femminile, invece, oltre alla squadra di Serie C prima in classifica avevamo molte altre squadre in lotta per l’accesso alle varie finali nazionali; la formazione U14, dopo lo scudetto dello scorso anno, aveva tutto per giocarsi ancora le sue chance“.

Detto ciò, credo che il giudizio sull’annata vissuta dalla sua squadra sia molto positivo, giusto?

Eccellente direi. Per i numeri, per quanti ragazzi si sono avvicinati al Basket Roma e per quanti sono rimasti con noi. Per la stagione 2019/20 possiamo dire che abbiamo mantenuto tutti i giocatori. Sono molto felice anche dell’aspetto sociale, essendo la nostra una realtà che, giornalmente (almeno fino al 10 marzo, sperando di ripartire al più presto), coinvolge centinaia di ragazzi; è un posto dove si vive la pallacanestro, se ne parla e la si respira, oltre ovviamente a giocarsi tante ore ogni giorno. Non ultimo il discorso sui risultati, sia individuali che di squadra“.

Osservando il quadro generale della situazione, quale potrà essere il futuro del Basket Roma? È ottimista o ha qualche preoccupazione?

Per natura sono una persona che vuole sempre vedere il bicchiere mezzo pieno e, a prescindere da quel che accadrà nei prossimi mesi, noi stiamo già organizzando tutto quel che riguarda le giovanili, la prima squadra e lo staff. La prima cosa di cui ci siamo preoccupati è stato l’arricchire il nostro staff di nuovi istruttori ed allenatori. Siamo una società molto salda e solida. In questo momento, non abbiamo preoccupazioni dal punto di vista economico né per quel che riguarda la quantità e qualità dei nostri giocatori; abbiamo lavorato e costruito nel corso degli anni, beneficiandone in questa fase, e siamo contenti di poter affrontare questa emergenza non a mani vuote bensì con un potenziale importante alle spalle. Quello che speriamo è che ci venga data la possibilità di lavorare. Guardando alla prima squadra, il prossimo anno avremo altri giovani da inserire, mentre puntiamo a mantenere inalterato lo zoccolo duro dei giocatori più esperti. In questo senso siamo seduti attorno ad un tavolo per parlarne“.

A livello nazionale, secondo lei, si sta facendo tutto il possibile per aiutare il movimento a superare la crisi? Cosa proporrebbe, se avesse potere decisionale?

Secondo me, la Fip un passo avanti l’ha fatto. Noi, come società, grazie agli aiuti della Fip risparmieremo un po’ di soldi il prossimo anno, mentre i tanti spesi quest’anno sono finiti come dire in una sorta di pozzo nero, viste come sono andate le cose. Ho visto anche una buona propensione al dialogo da parte della Federazione stessa, essendoci confrontati ed avendo richiesto degli incontri, che ci sono stati concessi. In un momento come questo, è chiaro che le società che hanno lavorato bene sulle giovanili continueranno a beneficiarne, avendo le entrate dei cosiddetti parametri, derivanti dai tanti ragazzi che giocano con le squadre senior.

Per quanto riguarda le aziende, è un momento nel quale bisogna guardare ad ampio raggio. Per una realtà, l’essere legata a nomi importanti, che con questi fanno partnership vera, anche per un discorso di collegamento molto stretto dell’azienda stessa con il tessuto sociale di riferimento, è estremamente vantaggioso e può aiutare certamente a superare crisi come questa. Faccio il nostro esempio: siamo legati a IUL, un’università telematica, che ci consente di continuare a programmare sul medio-lungo periodo; avendo poi tra i 200 ed i 400 iscritti, credo sia importante per le famiglie dei ragazzi avere un tale riferimento. 

Tornando al discorso precedente, ripeto quanto sia importante il lavoro con i giovani. La Stella Azzurra Roma, per dirne una, sforna annualmente un certo numero di giocatori; vivendo sui parametri, può contare su una struttura solida. E tante altre società in Italia investono in questo modo. Importante poi è il non fare il passo più lungo della gamba. Noi potremmo anche chiedere il ripescaggio per la Serie B, ma i tanti ragazzi interessanti che abbiamo in squadra, i quali in Serie C hanno molti minuti, casomai giocherebbero poco al piano di sopra. Dal nostro punto di vista, per quest’anno è meglio giocare in C, crescere e conquistare sul campo la promozione, in modo da essere protagonisti anche in Serie B. Per noi, prendere dieci giocatori e vincere così la Serie C comincia ad essere problematico. Meglio fare le formichine e costruire il nostro cammino, anno dopo anno“.

Quindi, la proposta di ‘spingere’ le varie società ad una sorta di esame di coscienza e ad iscriversi al campionato più congruo rispetto alle disponibilità economiche del momento, vi trova d’accordo?

Assolutamente si, l’idea del riposizionamento secondo me è ottima. Ci sono società che, per partecipare ai campionati di livello più alto, casomai devono fare sacrifici enormi e rischiare comunque di saltare per aria dopo tre mesi, oppure di non poter rispettare gli impegni con giocatori, allenatori o fornitori. Vista quella che potrebbe essere l’incertezza dal punto di vista sanitario nei prossimi mesi, invece di fare una Serie B con 64 squadre e quattro gironi, distribuiti su base nazionale, si potrebbe ridurre a tre gironi, oppure incrementarli ma passare ad una distribuzione regionale. Ma il discorso si può allargare anche alla Serie A e alla Serie A2. Si potrebbe pensare ad un massimo campionato al quale partecipano solo le 10 meglio attrezzate economicamente, con due gironi di A2. Ma sono solo proposte; prima va valutata la situazione e, in base alle scelte delle varie società, decidere che format adottare.

A tal proposito, non sapendo ancora che situazione avremo a settembre e poi, a seguire, in inverno, sarà fondamentale avere un piano B. Si può discutere quanto si vuole di format, di numero di squadre e quant’altro. Ma, se dovessimo ripiombare nella situazione vissuta fino a qualche settimana fa, dovremo avere un piano di riserva. Sarebbe una garanzia importantissima, quella di poter comunque concludere la stagione. Se presente, renderebbe anche più facile instaurare partnership con delle aziende; altrimenti, dovesse prevalere l’insicurezza, è probabile che tante aziende ti rispondano picche. Inoltre, la Federazione potrebbe anche pensare a ridurre il numero di partite, in modo tale da consentire una ripresa più spedita in caso di nuovo lockdown, che sarebbe molto complicata se si dovessero recuperare troppe partite in un lasso di tempo striminzito“.

Prendendo ad esempio la NBA, che sta facendo tutto il possibile per tornare a giocare, secondo la vostra esperienza, qual è il rischio maggiore nel quale possono incorrere i giocatori?

Gli infortuni, ovviamente. È vero, ci sono tanti interessi economici dietro, provenienti da più parti; ma qua si dimentica che parliamo di atleti quasi completamente fermi da due mesi. Noi lavoriamo 6/7 settimane per preparare un campionato, allenandoci mattina e pomeriggio quasi tutti i giorni. Abbiamo anche fatto tre tornei di preparazione. Ci sono varie cose da fare preparando una stagione, non è così semplice tornare in condizione in un amen, anzi. Avendo la NBA la possibilità a quanto pare di riunirsi tutti in un posto (Disney World ad Orlando, Florida), innanzitutto darei la possibilità alle squadre di allenarsi come si deve, pensando poi ad un format snello, che consenta di accorciare le tempistiche. Tanto le squadre forti restano tali, anche nell’ottica di un torneo per assegnare il titolo, diverso dal solito. Sarebbe anche un sicuro successo a livello di pubblico in tv“.

Anche in Italia si sarebbe potuto pensare ad una cosa simile?

Penso proprio di si. Partiamo dal presupposto che, invece di interrompere tutto ad inizio aprile, fossimo ancora in attesa. Se Petrucci si fosse presentato in Lega, proponendo un format basato sulla classifica al momento dello stop, sottoponendolo poi al voto dei club. Appena ottenuto il via libera per tornare ad allenarsi, quindi da lunedì 25 maggio, dare la possibilità di farlo almeno fino a fine giugno, dando poi il via, dal 1° luglio, ad un torneo che duri massimo tre settimane, con la prima che affronta l’ultima, la seconda la penultima e così via. I club, a mio modo di vedere, sarebbero stati stupidi a non accettare, poiché una cosa del genere avrebbe garantito grande visibilità, avendo la gente fame di partite e di eventi del genere, incrementato la credibilità del movimento ed indotto le aziende ad investire nelle sponsorizzazioni. Per me non c’è stata la volontà, in chi di dovere. Si poteva aspettare un po’ di più“.

 

 

Si ringrazia per la disponibilità Luciano Bongiorno e la società IUL Basket Roma.