Dopo l’ufficialità delle decisioni del governo in materia di prevenzione del contagio da Covid-19, applicate anche alle manifestazioni sportive, i club di Serie A (e non solo ovviamente) s’interrogano su quale sarà il prossimo futuro. Com’è noto, tra le misure adottate dal governo c’è la sospensione fino al 3 aprile degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, restando salva, però, la disputa a porte chiuse.

Tutto ciò apre a tutta una serie di problematiche, in primis economiche. Intervistato dal Corriere dello Sport, il patron della Virtus Roma, Claudio Toti, si è detto molto preoccupato al riguardo: “Il basket, nonostante sia il secondo sport nazionale, ha poca visibilità televisiva, ricevendo quindi contributi tv irrisori. Ciò vuol dire che non può fare a meno dei ricavi da biglietteria“.

C’è poi la questione sponsor. In una fase di grossa crisi come questa, gli sponsor, anche loro in difficoltà, tendono a non pagare. Venendoci a mancare anche i ricavi dal pubblico, dobbiamo cercare delle contromisure che ci permettano di non far fallire i club“, aggiunge Toti.

Su quali potrebbero essere le soluzioni, almeno a breve termine, Toti è chiaro: “Finché non si riapriranno scenari più chiari, ritengo che si dovrebbero sospendere ritenute fiscali e previdenziali. Comunque ci riserviamo di aprire un tavolo tecnico. La situazione è davvero preoccupante e non possono pensare che il campionato vada avanti indefinitamente a porte chiuse. Sarebbe un vero disastro“.

Quindi, il presidente della compagine Capitolina sposta il focus sui giocatori: “Siamo preoccupati, poiché potrebbero nascere problemi anche con loro. Per esempio, alcuni potrebbero non voler giocare in partite da disputarsi nelle zone più colpite dal virus, e l’ho fatto presente nell’ultima riunione della Legabasket. Prendiamo il caso di Jason Clark, che ha lasciato Varese proprio per il peggiorare dell’epidemia di Covid-19. Se domani un americano della mia squadra dovesse rifiutarsi di giocare in una determinata città, poiché teme di restar infettato, cosa dovrei fare? Obbligarlo forse? E se dovesse mantenere il punto, dovrei cacciarlo?“.

Insomma, una situazione per nulla semplice e tutta ancora in evoluzione. La speranza, a livello globale e non solo parlando di sport, è che tutto volga quanto prima per il meglio. Ce n’è davvero bisogno.