Nel giorno del suo compleanno Matthew Pebole si è aperto in un’intervista all’ufficio stampa di Pallacanestro Stella Azzurra Viterbo per la rubrica #TimeOut.

Pebole ha analizzato tutta la sua esperienza cestistica (e non solo) in Italia oltre ad aver raccontato aneddoti familiari e personali di grande interesse, anche per il futuro lontano dal parquet.

Ecco l’intervista completa:

Un autentico “globe trotter” del basket, vero Matt?
“Già, proprio così. Ho girato veramente il mondo sempre con un pallone a spicchi tra le mani. Spagna, Danimarca, Francia e anche in Australia. Mi pare di ricordare che giocavo lì quando mi arrivò la chiamata per trasferirmi qui da voi. Probabilmente mi aveva notato qualcuno che aveva agganci in Italia”.
Vale comunque la pena di cominciare dall’inizio…
“Sono entrato in palestra a 5 anni – attacca – come tanti altri bambini. Salto tutta la fase dei campionati giovanili e arrivo subito al College dove mi sono laureato in sociologia e antropologia. Ho giocato in diverse squadre nel mio Paese e poi è cominciata l’avventura in giro per il mondo”.
Un’avventura che sembra essere finita, almeno per il momento.
“Proprio così. Sto da un po’ di tempo con Federica, una ragazza di Roma, e insieme abbiamo ‘fatto’ Thomas che adesso ha quasi 9 mesi e che mi ha letteralmente cambiato la vita”.
In che senso?
“Avere un figlio è una vera e propria rivoluzione. Non si ha più la voglia e nemmeno il tempo di pensare ad altro se non a lui. Non credevo che potesse accadere e invece mi accorgo ogni giorno che quel piccoletto assorbe la maggior parte dei miei pensieri. Ma è fantastico così”.
Che cosa è per te il basket?
“Tutto: è sempre stato così e continua ad esserlo. Anche se trovo sempre la maniera di staccare e di dedicarmi ad altro. E adesso la vita con e per Thomas impone priorità diverse, come dicevo. Per ora viviamo a casa dei genitori di Federica (che è un’organizzatrice di eventi), ma speriamo di avere presto un’abitazione tutta nostra”.
E i nonni che ne pensano?
“Quelli italiani capiscono che abbiamo bisogno della nostra libertà; quelli americani se lo sono goduto quest’estate quando siamo stati in vacanza per due mesi. Intanto, è un bimbo naturalmente bilingue e questo non può che farmi piacere”.
Ma ti senti più italiano o statunitense?
“Sono nato lì ed è normale che mi senta ancora più americano. Ma in Italia sto benissimo, tanto che ho preso anche la cittadinanza…”.
A proposito, pensi in inglese o qualcosa è cambiato?
“Questa è una faccenda piuttosto strana. I miei sogni sono a metà: un po’ in inglese, un po’ in italiano. Le prime volte, mi svegliavo di colpo e mi sembrava stranissimo; adesso mi ci sono abituato. Quanto al pensare, dipende dalla circostanze: anche in questo caso, un po’ in inglese e il resto in italiano”.
E venne il giorno in cui sei arrivato a Viterbo…
“Una soluzione a me graditissima. L’anno scorso a San Benedetto era un problema con gli spostamenti: 4 ore di pullman per andare e altrettante per tornare. Adesso sono molto vicino a Roma e spesso non mi devo nemmeno muovere perché giochiamo a pochi chilometri da casa mia. Come domenica prossima”.
Che idea ti sei fatto della città in cui giochi?
“Viterbo è molto simile, anche come dimensioni, a Red Bank dove sono nato. Mi trovo bene, e non è un modo di dire, e gioco in una squadra eccellente. Dove arriveremo? Non lo so, ma lavoriamo per fare sempre meglio. Intanto, assicuriamoci i play off e poi si vedrà”.
Meglio il cibo americano o quello italiano?
“A me piace molto il piccante, per cui il mio piatto preferito è l’arrabbiata. Adoro la ‘nduja e, quando vivevo in America, mi piaceva molto la cucina messicana. Anche quella molto piccante. Comunque, in giro per il mondo ho mangiato di tutto, compreso un hamburger di canguro che non consiglierei e che nemmeno mangerei di nuovo”.
Matt, cosa ci sarà dopo il basket giocato?
“Penso ad un qualche lavoro sempre nel mondo della pallacanestro”.
Magari in Italia…
“Perché no?”.
E la laurea americana?
“Sinceramente, non so come utilizzarla qui da voi. Magari torneremo negli Stati Uniti… Ecco perché è importante che Thomas impari bene l’italiano e l’inglese”.