La stoppata di John Gianelli nel 1982 e quella di Andrew Goudelock nel 2018. I crampi di Dino Meneghin e il rimbalzo liberatorio di Bob McAdoo nel 1987. Il tuffo di McAdoo e la rissa di Roberto Premier in mezzo al campo nel 1989 a Livorno. Potremmo aggiungere il jumper di Dejan Bodiroga a Bologna nel 1996. Ma a livello di “shining moments”, i fotogrammi che hanno fatto la storia dell’Olimpia nulla batte “The Shot”, il tiro di Curtis Jerrells a Siena nel 2014. Salvò la stagione, generò gara 7 e di fatto lo scudetto, il primo dopo 18 anni.

Texano di Austin, terra di football, fisico da culturista, grandi spalle, grandi pettorali, Curtis Jerrells aveva sempre sognato di diventare un giocatore di basket. Non di football. Nella storia della Baylor University di Waco, in Texas, diventò a suo modo un giocatore storico. Il coach Scott Drew doveva ricostruire il programma in crisi e aveva bisogno di reclutare qualcuno che accelerasse il processo. Lo individuò in Jerrells, un prodotto locale, e fu così che per Baylor, Curtis si trasformò in una figura in un certo senso decisiva anche al di là della sua comunque eccellente carriera universitaria.

Finito il college, lasciata Baylor in buone mani e destinata a stagioni superbe, Jerrells transitò per i San Antonio Spurs ma senza resistere fino in fondo. E così nacque la sua carriera europea, al Partizan, al Fenerbahce, al Besiktas (più una brevissima apparizione spagnola) e poi Milano. “Io ho questa capacità di segnare – spiegava – che non tutti hanno, ma da professionista ho cercato di migliorare il playmaking, la difesa, le letture. E di essere meno prevedibile: il mio coach al Partizan mi disse che ero scontato perché, da mancino, se andavo a sinistra lo facevo per attaccare il ferro e se andavo a destra lo facevo per poi arrestarmi e tirare da fuori. Aveva ragione”.

Jerrells era partito malissimo a Milano nella stagione 2013/14. All’esordio a Brindisi non segnò e a dicembre era considerato prossimo al taglio. Ma quando, prima di Natale, l’Olimpia ottenne il sì di Daniel Hackett, fu MarQuez Haynes a venire scambiato, non Jerrells. Da quel momento in poi, Jerrells fu devastante: finì la stagione di EuroLeague con una striscia aperta di 21 gare con almeno una tripla a segno e quando l’Olimpia vinse gara 2 dei playoff con il Maccabi, lui fu nominato Mvp di giornata.

Quell’anno l’Olimpia vinse tutte le partite del girone di ritorno e ne vinse sette in fila in EuroLeague, ma perse la Coppa Italia cedendo a Sassari dopo aver comandato la gara per 35 minuti. C’era grande pressione sulla squadra all’inizio dei playoff. E nulla risultò facile, come si sperava: solo 3-2 contro Pistoia giocando gara 5 senza Alessandro Gentile, squalificato per un diverbio in gara 4 con Deron Washington, 4-2 contro Sassari perdendo due volte in casa. Infine, la finale contro Siena e contro MarQuez Haynes, il suo nemicoa-amico: due vittorie facili in casa, due sconfitte allarmanti in gara 3 e 4, poi il clamoroso stop di gara 5. Ovvero: il precipizio visto dall’orlo.

Gara 6 a Siena fu una battaglia epica. L’Olimpia ebbe anche 11 punti di vantaggio, ma Siena rimontò con le triple di Josh Carter. Nel quarto periodo il Coach Banchi chiamò time-out quando Siena si riavvicinò a meno cinque. Ma Haynes, che aveva faticato tutta la serie, prese fallo da Hackett su un tiro da tre e mise tre liberi. Poi segnò dall’arco e riportò la Mens Sana avanti di uno. Le risposte di Milano furono: una tripla di Melli, a spezzare il momento favorevole di Siena, poi un’entrata di Gentile a riportare l’Olimpia sul più uno, il primo canestro di Jerrells da sotto per il 72-70. Ma Siena pareggiò ancora. Tentarono Keith Langforde Ale Gentile di riportare l’Olimpia in vantaggio, ma senza successo, poi Samardo Samuels fece fallo in attacco. E con 35 secondi da giocare, Siena aveva la palla dello scudetto. L’Olimpia aggredì bene sul perimetro, togliendo tutte le opzioni. Infine Matt Janning prese il tiro da tre potenzialmente risolutivo. Non facile, ma ben eseguito. La palla ebbe una traiettoria beffarda. Come si dice in gergo, fu “in and out”. Nicolò Melli mise le mani sulla palla, consegnandola a Jerrells. La storia stava per prendere forma.

La palla la voleva Gentile che aveva giocato una partita meravigliosa. Jerrells decise di ignorarlo. Fino a quel momento aveva segnato solo due punti, ma aveva lo stesso fiducia. Palleggiò sul posto contro Haynes, palleggio incrociato, un passo avanti, uno indietro. E poi il tiro, con tempismo perfetto, per non lasciare nulla sul cronometro. Avesse sbagliato ci sarebbe stato il supplementare. Ma Jerrells non sbagliò. Lo scudetto sarebbe stato deciso due giorni dopo in gara 7.

“Sapevo che eravamo pari nel punteggio e se avessi sbagliato avremmo sempre potuto prendere il rimbalzo. Penso che Melli mi abbia consegnato la palla. A quel punto ho pensato che prendendo il tiro non avrei dovuto lasciare tempo sul cronometro. Gentile mi chiedeva la palla, ma io volevo essere sicuro che, prendendo quel tiro, avremmo vinto o saremmo andati all’overtime. Mi sono costruito un buon look, e quando il pallone è andato dentro ho cominciato a prepararmi per gara 7”, racconta Curtis. In quella gara 7, fu lui con una tripla frontale a completare la furiosa rimonta del quarto periodo segnando il canestro della parità.

The Shot ha compiuto cinque anni. Era infatti il 25 giugno 2014. Due giorni dopo, l’Olimpia avrebbe interrotto un digiuno di 18 anni vincendo lo scudetto. Jerrells sarebbe andato via a fine anno, tornando nel 2017 per segnare subito 30 punti a Valencia in EuroLeague sulla strada verso il suo secondo scudetto nel quale ebbe ancora un ruolo rilevante. Nell’ultima stagione è diventato il nono di sempre nella storia dell’Olimpia per triple segnate in campionato, ma anche il secondo per quelle firmate nei playoff. Il suo ruolo nella storia di questo club è assicurato. Grazie 55!

Comunicato a cura di Ufficio Stampa Olimpia Milano.