In questa fase di grande emergenza sanitaria che sta attanagliando tutto il mondo, a causa della pandemia da COVID-19, Sergio Rodriguez si trova in Spagna, a casa sua e al fianco della sua famiglia, dopo aver ricevuto il permesso dall’Olimpia Milano e da coach Ettore Messina. Intervistato da Marca, El Chacho ha parlato della sua esperienza, non lesinando di dare la sua opinione su un eventuale ritorno in campo in questa stagione.

Ad essere sincero, il via libera del club a tornare in Spagna è stato una benedizione” – spiega Rodriguez – “Avessi avuto con me la mia famiglia sarei di certo rimasto a Milano. Dopo la partita di EuroLeague con il Khimki (20 febbraio) avevamo quattro giorni di permesso grazie alle finestre FIBA e sono andato con loro alle Canarie. Poi è arrivata la notizia della diffusione del contagio in Italia e, quando il 23 febbraio hanno chiuso le scuole, sono tornato a Milano mentre la mia famiglia è rimasta ad Alicante“.

Lo spagnolo continua nel suo racconto: “Alla fine di febbraio la situazione a Milano stava già peggiorando, anche se volevo rimanere cauto. La percentuale di infetti sul totale dei cittadini in Lombardia era ancora bassa, ma stava crescendo; poi, alla fine, l’epidemia è esplosa. Questo ci ha fatto capire la gravità della situazione, ma abbiamo dovuto continuare ad allenarci, perché l’EuroLeague non si fermava“.

Ripeto, il poter tornare accanto alla mia famiglia, con il permesso del club, è stata una benedizione, anche se in Spagna non possiamo comunque uscire di casa e la situazione è bene o male come in Italia” – aggiunge Rodriguez – “Coach Messina? È stato davvero comprensivo; è fondamentale avere persone del genere in momenti così difficili“.

Come anticipato in apertura, Rodriguez dice la sua su una possibile ripresa del campionato. “Sinceramente ora bisogna pensare ad altro, anche perché, a mio parere, finché non si sarà risolto tutto non se ne parla” – è il pensiero dello spagnolo – “Per me è inutile domandarci di continuo quando potremo tornare in campo, poiché rimarremmo solo delusi. Le uniche cose che possiamo fare sono stare a casa, pensare al presente e sostenere chi lavora e sta combattendo questa battaglia. Tutto il resto verrà dopo“.