DeWayne Russell, alla seconda stagione italiana alla Nutribullet Treviso, si racconta ad Ubaldo Saini su “La Tribuna di Treviso”, parlando subito delle sue origini: “Sono nato a Philadelphia, in Pennsylvania. A Peoria, che si trova vicino Phoenix, mi sono spostato con la famiglia quan­do avevo 7-­8 anni. Purtroppo i miei genitori si sono separati e ho seguito mia madre là. Ho due fratelli più piccoli, Daron e Dawan. Al college a Grand Canyon University in Arizona sono stato sotto l’ala protettiva di Dan Majerle e questa è stata la mia fortuna. Mi ha fatto crescere come giocatore e come uomo. Mi diceva spesso che ‘il duro lavoro paga sempre’. Grazie a lui so­no diventato un professioni­sta, gliene sarò sempre grato”.

Tra i tanti tatuaggi che ha sul corpo, Russell ne sceglie alcuni tra i più significativi: “Forse quelli sul braccio de­stro. Qui ho un cuore con inca­stonata una palla da basket. L’ho fatto a 17 anni, quando non sapevo ancora se sarei po­tuto diventare un giocatore. Voglio dire, guardatemi, sono piccolo! Però avevo un grande amore per questo sport, e vole­vo farcela a tutti i costi. Poi ce n’è un altro con scritto “D. Rus­sell”, i miei fratelli lo hanno fat­to uguale. Io e loro siamo mol­to legati”.

C’è poi la rivelazione di “Weezy”, il suo soprannome: “È un nickname che deriva da DeWayne, ed è simile anche a quello del mio cantante prefe­rito, Lil Wayne. Anche i miei fratelli hanno dei soprannomi, Daron è ‘Fatts’, mentre Da­wan è ‘Poober’”.

Infine, Russell dà uno sguardo al presente e al futuro della sua carriera, dopo aver spento da poco le 28 candeline sulla torta di compleanno: “È un’età che di solito indica la maturità cestistica, ma io non mi sento ancora arrivato. So di avere ancora tanto margine di crescita, e potrò farlo grazie al coach e ai compagni. Penso che il meglio si vedrà dopo i trent’anni. In futuro, Mi piacerebbe tanto restare in Italia. C’è una cosa che non ho detto prima: mio padre è stato ucciso quando avevo 11 anni, gli hanno sparato. Lo di­co quasi come se fosse una co­sa normale perché in effetti in America è quasi una cosa nor­male. Adesso capite perché mi piace così tanto l’Italia? Dipen­desse da me, vivrei qui per sem­pre”.

Comunicato a cura di: Sito Ufficiale Lega Basket Serie A